(in)Stabili come Monti

Negli ultimi due mesi c’è stata una sostanziale resa della politica a favore della finanza. Le forze partitiche, anziché affrontare la situazione, hanno, più o meno liberamente, rinunciato alle loro responsabilità delegando a terzi il compito di fronteggiare la situazione. Le ragioni di questa scelta “di non scegliere” della politica sono molteplici: incapacità dei singoli, pressioni esterne, convenienza elettorale che suggeriva di non prendersi direttamente la responsabilità di fronte a manovre durissime.

Questo porta al secondo grande tema dello scenario attuale, e cioè la sfasatura tra l’atteggiamento “in aula” e quello “in piazza”. Eccezion fatta per il Terzo Polo i partiti che appoggiano il Governo Monti sono molto critici verso le manovre sin qui adottate pur poi votandole in Parlamento in nome della tanto utilizzata tesi dei c.d. “sacrifici necessari”, cercando però di svincolarsi in ogni momento, di far passare l’idea per cui se fosse stato per il Pd, o per il Pdl, questa o quella manovra non sarebbero state fatte e rivendicando fortemente questa o quella modifica a commi o parti. Il ragionamento dei partiti è di aver consapevolmente delegato il governo della cosa pubblica a terzi, quali intermediari di responsabilità, per superare la fase critica, e poi ripresentarsi alle elezioni confidando che il costo di ciò sia accettabile, con aumento dell’astensionismo e di diffidenza verso la politica, destinati tuttavia a scemare negli anni successivi di supposta tranquillità e ripresa economica.

Prescindendo da quanto questa fiducia su una eventuale ripresa economica – e quindi normalizzazione politica – sia realistica, ciò non tiene conto di una serie di elementi di instabilità – per loro – e quindi di possibilità – per noi. Il primo, è la voragine elettorale che inevitabilmene si verrà a creare nel medio – lungo periodo a seguito della ormai chiare fine politica di Berlusconi. Questa grossa fetta elettorale è oggi corteggiata dall’area centrista e da quella nazionalista-xenofoba. Da un lato abbiamo infatti il Terzo Polo, che con Monti sta facendo le prove generali di governo. L’esecutivo attualmente in carica infatti rappresenta un esperimento di leadership cattolico – liberale che l’area centrista appoggia pienamente e che se avrà successo sarà il traghetto per i futuri candidati Passera, Montezemolo, Della Valle, ecc. , destinati ad essere a capo di un grande partito cattolica-liberale stile tedesco rappresentante della borghesia finanziaria. Questo peraltro spiega il perché il Terzo Polo sia l’unica forza politica che appoggi incondizionatamente Monti.

Dall’altro lato, vediamo ogni giorni di più crescere lo spettro di forze nazionaliste,populiste e xenofobe il cui referente politico parlamentare è – fino a un certo punto – la Lega e che cerano di attirare quegli elettori del centro-destra che non hanno gradito il basso profilo tenuto dal Pdl e che sono scontenti. Notiamo come comunque questo scontro ora “in seno alla destra” si ripercuota all’interno della stessa Lega, come hanno evidenziato gli avvenimenti recenti, con la contrapposizione fra il “centrista” Maroni e il più duro Bossi. E che questo generale tentativo di ritagliare sempre più ampi spazi alle forze dell’estrema destra qualche successo lo stia ottenendo eccome, lo vediamo ogni giorno: dalla spaventosa espansione e presenza di Casa Pound, alla preoccupante diffusione di gesti di violenta intolleranza contro migranti, fino ad arrivare a quotidiani proclami revisionisti ( vedere l’apologia di Berlusconi su Mussolini).

E qual è la reazione della sinistra a tutto ciò?

Il Partito Democratico è dilaniato tra il dover appoggiare il Governo Monti e l’ira dei sindacati, in una situazione di immobilismo che potrà solo peggiorare nel tempo. A livello elettorale le conseguenze di ciò saranno rilevanti, ma è l’incapacità di agire nell’ambito dello scontro contro le derive più nazionaliste che più preoccupa. Questo mentre esponenti di rilievo come il senatore Ichino preferiscono dedicare il loro tempo alla stesura di interessanti pamphlet in favore di una maggiore flessibilità nel mondo del lavoro, come se non ce ne fosse già abbastanza, o a difendere strenuamente salvatori del paese come Marchionne e il suo piano per la Fiat, finora concretizzatosi solo in licenziamenti e casse integrazioni.
E arriviamo a Sinistra Ecologia e Libertà. Il partito che più potrebbe infatti rappresentare una opposizione al Governo Monti in quanto rappresentate (o burattino) della borghesia finanziaria europea, appare invece incapace di assumere posizioni chiare, e ciò per meri fini elettorali. Vendola si rende infatti conto di essere uno dei probabili candidati dello schieramento di centro sinistra alle prossime elezioni. Bersani non ha infatti le caratteristiche del leader, e i prossimi mesi di stallo del Pd e dell’Italia dei valori inevitabilmente lederanno le immagini dei suoi avversari alle prossime primarie di coalizione. Allo stesso tempo egli sa che non può smarcarsi dall’alleanza con il centro-sinistra, e questo lo porta ad appoggiare le scelte da loro fatte, fino all’inaudita dichiarazione di pieno appoggio al Governo Monti.

A sinistra di Sel assistiamo alla più completa frammentazione delle forze, con movimenti, comitati e partiti poco o niente collegati, ciascuno impegnato a difendere la propria piccola e preziosa realtà, spesso scontrandosi in una guerra fra – sempre più – poveri, senza cogliere che le condizioni oggettive rendono i tempi maturi per puntare a ben di più.
Tutto questo accade mentre, una dopo l’altra, le manovre di questo governo stanno scuotendo fino alle fondamenta le poche e sudate conquiste dei lavoratori: dopo aver “messo in sicurezza” l’Italia gravando principalmente sul lavoro dipendente, aumento gli anni di lavoro e aumento luce, acqua, gas e benzina (aumenti che di certo non incidono sulle tasche di chi ha molto), ora ci si prepara alle c.d. fasi due e tre. Con la prima assisteremo verosimilmente a tentativi incontrollati e frammentari di liberalizzazioni, che con evidenza non riusciranno a colpire le sacche di privilegiati come notai, avvocati e militari, e che invece si accaniranno contro categorie come i tassisti – sicuramente in posizione privilegiata- , di fatto finendo per incentivare una lotta fra lavoratori più o meno “fortunati”, a tutto vantaggio delle vere “caste”.

Nella c.d. “terza fase” arriverà invece la tanto temuta (o odiata) riforma del lavoro. Le linee programmatiche sono già chiare: attacco all’articolo 18, maggiore facilità nel licenziare per le piccole imprese, quindi più sfruttamento, il tutto in nome di un conto da pagare per aver vissuto per decenni al di sopra delle nostre responsabilità.
E tutte queste manovre sono socialmente sostenibili grazie allo spread e all’andamento della borsa, ormai gli spauracchi dei paesi dell’area euro, che consentono ai governi di fare manovre di austerity forti della preoccupazione diffusa. Il che mostra un’altra instabilità: perché non solo è vero che se probabilmente lo spread calasse definitivamente, Monti sarebbe considerato un eroe, ma poi dovrebbe immediatamente andarsene perché nessuno appoggerebbe più le sue manovre, ma è vero pure che la situazione di enorme squilibrio sociale oggi generatasi e finora controllata dalle paure per spread e borse non reggerà a lungo richieste continue di sacrifici ai lavoratori.

Si sono sottolineati ad uno ad uno gli indici di forte instabilità che abbiamo notato perché, sebbene il quadro fin qui delineato non sia molto incoraggiante, gli spazi per il nostro intervento ci sono eccome. In un momento in cui i mutamenti dei rapporti di forza aprono vasti spazi per inserirsi, in un momento in cui lavoratori e lavoratrici si trovano senza lavorano, o lavorano in condizioni sempre deteriori, chiamati a pagare un prezzo tanto salato quanto ingiusto, ebbene in un momento come questo le condizioni oggettive per il nostro intervento ci sono nel modo più assoluto. Dobbiamo agire per creare quindi anche quelle soggettive: non possiamo infatti permettere che la rabbia e l’odio di gran parte dei lavoratori sia incanalata in proclami nazionalisti e xenofobi che mirano a sostituire sfruttamento con sfruttamento. Dobbiamo lavorare per contrapporre alla frammentazione attuale – ad ogni livello – un’unità di intenti, di fini, di lotta, e noi crediamo davvero che i tempi siano maturi perché ciò accada.

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