Le lotte per la terra all’epoca del “Land Grabbing”

Il land grabbing, termine che viene tradotto con l’espressione “accaparramento di terra”, si riferisce al fenomeno globale e sempre più diffuso di acquisizione di terra su larga scala nei paesi in via di sviluppo, prevalentemente da parte di grandi compagnie nazionali o transnazionali e governi. Acquisizioni che richiedono nella maggior parte dei casi un cambiamento dei regimi proprietari, cioè il passaggio da forme di gestione comunitaria a proprietà privata. Nonostante non sia un fenomeno recente, il land grabbing ha attirato su di sé l’attenzione di organizzazioni e studiosi soprattutto a partire dalla crisi dei prezzi alimentari del 2007-2008. La crisi ha infatti portato ad un incremento drammatico negli investimenti agricoli di larga scala, volti in particolare alla produzione di biocarburanti e di prodotti alimentari. Nel 2011, l’International Land Coalition (landcoalition) ha stimato che dal 2001 all’incirca 200 milioni di ettari di terreni sono stati ceduti in concessione o comprati per “agri-business”(1,2) .   (Scarica l’articolo in pdf)
Il fenomeno sembra aver avuto un leggero arresto con la crisi finanziaria, anche se nel lungo termine l’interesse commerciale sull’acquisizione di terra ha decisamente un trend positivo.

“The slowdown in 2009 is likely partly due to the 2008–2009 financial crisis and a consequent deceleration in the rate of acquisition. It may also be due to potential acquirers becoming more realistic about the risks of difficult conditions, technically but also socio-politically” (Anseeuw et al. 2012) (3).

COSA RAPPRESENTA IL LAND GRABBING

La creazione di enclosures (recinzioni), la privatizzazione delle risorse, l’esclusione dall’accesso universale a determinati beni, non rappresentano certo qualcosa di nuovo, anzi accompagnano il capitalismo sin dalla sua origine. Quello che attribuisce a questo fenomeno il suo carattere epocale (come epocale è stato ad esempio il colonialismo di fine ottocento) sono le straordinarie dimensioni dei territori interessati e la sua acutezza. Elementi che segnalano l’importanza di questo fenomeno nel quadro delle metamorfosi dell’economia, della società e della politica che si susseguono a livello globale negli ultimi anni di crisi. In effetti alcuni commentatori (4) vedono in questi avvenimenti la sintesi di diversi processi che si stanno sviluppando a livello planetario e che operano a diversi livelli: una diminuzione della produttività dell’agricoltura industriale dei paesi occidentali legata in larga parte alla degradazione del suolo, la domanda di materie prime dei paesi emergenti (trainata anche da strategie di sicurezza alimentare nazionale), l’aumento del prezzo del petrolio ed il forte interesse nei confronti degli agro-carburanti. Il tutto mediato ed amplificato da mercati finanziari strapieni di liquidità e di strumenti finalizzati all’investimento speculativo sulle “commodities” (materie prime). La FAO (5) individua alcuni di questi come i fattori determinanti per l’impennata dei prezzi delle materie prime del 2007-2008, che è stata la rampa di lancio di questa “corsa alla terra”. A seguito della crisi finanziaria del 2008-2009, nonostante il lieve rallentamento delle acquisizioni immediatamente successivo e l’effimero abbassamento dei prezzi dei beni agricoli, queste tendenze hanno continuato a pesare ed ad esse si è aggiunta quella dei giganteschi flussi di capitali in cerca di contesti remunerativi in un mondo in recessione. Le imponenti iniezioni di liquidità operate poi dalle Banche Centrali dei principali paesi industriali hanno infine dato nuova carne al fuoco delle speculazioni, alimentando una nuova bolla e un’intensa volatilità dei prezzi (6). Il risultato è la convergenza di una serie di ristrutturazioni produttive (diversificazione delle fonti di energia, innovazione delle tecniche agricole) e riequilibri geopolitici (l’imporsi dei paesi cosiddetti emergenti, la nascita di nuovi paesi rentier) a determinare un fenomeno sociale sconvolgente. Fenomeno che alcuni vedono come una straordinaria opportunità di “sviluppo” (7), magari da gestire meglio, come suggeriscono le linee guida della World Bank (8), che vorrebbero fargli assumere un “volto umano”. Magari giustificato con le necessità del “clima globale” (che legittima gli agro-carburanti), piuttosto che della sicurezza alimentare altrettanto globale. Che nel concreto però rappresenta lo stravolgimento di stili di vita ed equilibri ecologici e la proletarizzazione di ampie fasce di popolazione mondiale. Che non assiste inerte.

LE LOTTE

Cina

La Cina, oltre ad essere uno dei maggiori “land grabber” globali (si pensi agli investimenti cinesi in Africa), è essa stessa terreno di vasti accaparramenti di terra da parte di grosse compagnie straniere. Alle radici del fenomeno del land grabbing in Cina, si può identificare il processo di decollettivizzazione della produzione rurale (9, 10) iniziato da Deng Xiaoping negli anni ’70 e volto ad aprire le porte al mercato e agli investitori stranieri (il cosiddetto FDI, Forest Direct Investment). Smantellato il sistema delle Comuni, la progressiva individualizzazione dei diritti di proprietà della terra (11) ha permesso ai giganti stranieri di accedere a vaste porzioni di territorio:

“While this move intended on benefiting farmers, at the same time, foreign investors have also recognized the potential value in China’s rural land. Foreign direct investment (FDI) in China jumped from $920 million in 1983 to $92.4 billion in 2008, with an accumulated amount of $852.6 billion” (RRI report “A case study on large-scale forestland acquisition in China”).

A questo processo di privatizzazione delle terre e di apertura al mercato si aggiungono numerosi episodi di abusi da parte delle autorità locali. Infatti, nonostante la legislazione cinese preveda numerose clausole volte a proteggere le comunità locali dagli investimenti esteri (obbligatoria consultazione delle comunità da parte delle imprese prima di iniziare un progetto, adeguati compensi per la cessione del terreno, ecc.), ci sono numerose falle nella legislazione e i conflitti su chi abbia diritto su un determinato terreno sono all’ordine del giorno, visto il processo continuo di riforma che ha creato parecchia confusione su chi ha diritto su cosa. Autorità locali e aziende in numerosi casi hanno approfittato di queste falle aggirando la legislazione ed espropriando le terre dei contadini anche in maniera violenta (chissà perché mi viene in mente una citazione: “And the history of this, their expropriation, is written in the annalsof mankind in letters of blood and fire”). È questo ad esempio il caso della compagnia finlandese Stora Enso, che dal 2002 ha installato le sue piantagioni di eucalipto nella provincia di Guangxi. Il report dell’organizzazione “ Rights and Resources Initiative sopra-citato (“A case study on large-scale forestland acquisition in China”) parla del caso in maniera molto dettagliata. Di seguito riporto solo un paio di link a degli articoli brevi:

Enso subcontractor involved in fatal clash in Chinese village
Chinese farmers lose land to Stora Enso tree plantations
Paper firm Stora-Enso flouts Chinese farmers

Ai “land grabs” nel settore dell’agribusiness si somma la questione, di estremo rilievo in Cina, dei rapidi tassi di urbanizzazione. L’estendersi dei centri urbani è un altro fattore determinante nel processo di espropriazione delle terre ai contadini: China’s land grab is undermining grassroots democracy

“In a drive to industrialise and urbanise, thousands of industrial parks and many thousands of real estate development projects have been, or are being, built at the costs of dispossessed farmers. The land requisition system deprives three to four million farmers of their land every year, and around 40-50 million are now dispossessed”.

L’articolo fa riferimento al caso del villaggio Wukan, il quale è solo uno dei numerosi casi di “mass incident” in Cina:

“Among China’s mass incidents, more than 60% have been related to land disputes when local governments in China worked closely with manufacturers and real-estate developers to grab land from farmers at low prices”.

Di seguito, riporto qualche caso di lotta. Sono solo pochi casi per dare l’idea del fenomeno, che è molto più ampio.

Chinese villagers in standoff with riot police call on government to intervene
L’articolo (14 Dicembre 2011) riguarda anch’esso il caso delle proteste nel villaggio Wukan nella provincia di Guandong. I manifestanti (migliaia secondo l’articolo) hanno bloccato la strada che porta al villaggio con alberi e macchine, per chiedere chiarezza sulla morte in cella del membro del villaggio incaricato delle negoziazioni con le autorità locali sulla concessione della terra appartenente alla comunità per avviare progetti di sviluppo. L’uomo, deceduto secondo le autorità locali per attacco cardiaco (nonostante il suo corpo mostrasse i segni di abusi fisici), era stato preso in custodia con l’accusa di aver incitato alle proteste contro le autorità locali che secondo degli abitanti di Wukan si sono impossessate illegalmente delle loro terre.
China village rights in focus as new land grab sparks protest
Altro episodio simile in un villaggio della stessa provincia, Guandong (non con il morto, ma con proteste derivate da mancanza di adeguata compensazione per la concessione, etc.).
Chinese villagers clash with police in land-grab protests
In questo articolo, molto recente (3 aprile 2012), si fa riferimento alle rivolte delle comunità locali contro i “land grabs” come a una delle fonti di disordine e di agitazione più significative in Cina (“one of the country’s most potent sources of unrest”). L’articolo riporta vari episodi: -arresti e scontri tra polizia e manifestanti nella provincia del sud-ovest Yunnan, dove le comunità stavano bloccando da 3 giorni un’autostrada per protestare dopo che una donna si era suicidata (il 24 marzo) dopo aver contestato il fatto che la sua terra fosse stata “arraffata” illegalmente. I manifestanti hanno raggiunto le migliaia;
Un altro episodio riguarda la regione a nord della Mongolia interna (un po’ di più si può trovare qui: Inner Mongolia protests prompt crackdown): la polizia ha arrestato 22 mongoli dopo le proteste di centinaia di persone legate a fenomeni di land grabbing: i protestanti stavano aspettando che tornassero loro 4.000 ettari di terra che la compagnia aveva smesso di gestire.
Episodi di violenza da parte della polizia; e video.

ASIA
India

Per quanto riguarda l’India, questo articolo fornisce qualche coordinata sulla legislazione e sul ruolo della Banca Mondiale nell’aprire le porte ai land grabbers:
The great land grab: India’s war on farmers

“In India, the land grab is facilitated by the toxic mixture of the colonial Land Acquisition Act of 1894, the deregulation of investments and commerce through neo-liberal policies -and with it the emergence of the rule of uncontrolled greed and exploitation. It is facilitated by the creation of a police state and the use of colonial sedition laws which define defence of the public interest and national interest as anti-national.
The World Bank has worked for many years to commodify land. The 1991 World Bank structural adjustment programme reversed land reform, deregulated mining, roads and ports. While the laws of independent India to keep land in the hands of the tiller were reversed, the 1894 Land Acquisition Act was untouched”.

L’articolo fa riferimento ad espropriazioni violente e a numerosi casi di protesta.
Di seguito, riporto qualche link riguardanti altri casi di protesta. Di nuovo, sono solo qualche esempio.
India land grab: Forced evictions in Orissa (articolo e video)
Compensazione inadeguata per la costruzione di una strada che collega e che espropriava i contadini della terra che è la loro fonte di sussistenza.
La compagnia britannica Vedanta ha stabilito già nel 2008 nella regione di Orissa una raffineria di alluminio. La bauxite, minerale usato per l’estrazione dell’alluminio, veniva presa da una regione vicina, nell’attesa di avere una concessione per estrarla in un posto più vicino, in modo da abbattere i costi. La località prescelta, però, è luogo sacro per le comunità locali nonché loro fonte di sussistenza, nonostante la compagnia affermi che la zona è inabitata (India rejects Vedanta mining plan on green worries).

“But groups like ActionAid say the hills are home to three vulnerable tribes –the Dongria Kondh, Kutia Kondh and the Jharania Kondh –protected by the constitution and activists say 8,000 people rely on the mountain for water, fruit and animals”.

Le operazioni di Vedanta sono state fermate grazie alle proteste della popolazione locale (le operazioni vengono dichiarate contrarie a varie leggi in seguito a 4 anni di campagna nazionale e internazionale).

Indonesia

Reclaim our lands, Resist land grabbing, says farmers group
Jambi, villaggio di Pandan Lagan. Il governo nel 2001 firma la concessione di quest’area alla PT. Kaswari Ungguul, una compagnia che produce olio di palma. Da quanto affermano le comunità locali, non ci sono state né consultazioni né compensazioni. Dal 2008, le comunità si sono organizzate in protesta.
New Report Exposes Human Rights Abuses in Wilmar Group Plantation in Jambi, Indonesia
Di nuovo a Jambi. Anche qui, la compagnia produce olio di palma. E’ la PT Asiatic Persada, appartenente al Wilmar Group di Singapore. Sgomberi forzati sono seguiti all’inizio delle operazioni, avvenute, anche qui, senza consultazione né compensazione delle comunità locali.
Per saperne di più:
Human rights abuses and land conflicts in the PT Asiatic Persada concession in Jambi: Report of an independent investigation into land disputes and forced evictions in a palm oil estate
Sumatran Tribe Say Lands Stolen for Palm Oil

Cambogia

Cambodia police arrest women protesting against forced evictions
6 donne della “slum” Borei Keila sono state arrestate a Phnom Penh a seguito delle proteste tenutesi fuori dal municipio contro le operazioni della compagnia Phan Imex, che in cambio del terreno (da sviluppare commercialmente) avrebbe dovuto compensare le comunità locali con infrastrutture abitative. Le case costruite dalla compagnia si sono rivelate insufficienti e le famiglie rimaste senza sono state mandate via dalle loro case (demolite subito dopo) in tutta fretta dalle forze dell’ordine (Cambodians evicted in ‘land grab’);

“More than 400,000 Cambodians have been affected by land grabs and evictions since 2003, according to the Cambodian League for the Promotion and Defence of Human Rights (Licadho), which works in 12 provinces across half the country. Last year saw an unprecedented increase in land disputes, the group said, with an additional 11,000 families affected”.

Interessante, forse, è notare come negli articoli riguardanti la Cambogia si faccia riferimento al sistema della “collective ownership” della terra (che, immagino, fosse simile al sistema delle Comuni cinesi, ma non ne so molto) introdotto dal regime dei Khmer rossi come ad un regime che ha permesso l’insediarsi dei land grabbers stranieri, poiché lasciava i contadini privi di diritto individuale di proprietà sulla terra:

“Land ownership was abolished under the Communist reign of the Khmer Rouge (1974-79), leaving millions of Cambodians without title deeds – and therefore vulnerable to domestic and foreign land grabs, as well as agriculture, mining and real estate projects”
“Collective ownership of land during the Khmer Rouge and communist eras was replaced by the land law of 2001,” explains Nary. “This law is helpful to the poor as it recognizes that most people are owners even though they don’t have official papers to prove it” (Land grabbing in Cambodia).

La legge del 2001, che abolisce la proprietà collettiva, è vista come un passo positivo, e il problema del land grabbing attuale viene identificato più che altro in un problema di mancanza di messa in pratica della legislazione vigente:

“Problems, and human rights violations, arise when the law is not put into practice. An hour from Battambang, land disputes have driven out most of the families of Koy Veng village. The few that remain are frightened and confused by the complex legal net into which they have been drawn. Their story is being repeated in land grabbing disputes around the country” (Land grabbing in Cambodia).

In Cina invece, come si è visto, è stato proprio il processo di decollettivizzazione a lasciare spazio al fenomeno del land grabbing. Questo può fornire uno spunto di riflessione su come spesso la narrativa dominante fra le organizzazioni internazionali che si occupano del fenomeno sia quella di rafforzare i diritti individuali di proprietà come modo per le comunità locali di tutelarsi, piuttosto che fare un ragionamento più ampio su cosa significhi rimanere entro la cornice concettuale dei diritti di proprietà individuali.

AFRICA

L’Africa è il continente su cui il fenomeno del land grabbing si sta maggiormente accanendo. Secondo il report della International Land Coalition (Anseeuw et al 2012):

“Africa appears to be the main target of the land rush. Of the publicly reported deals, 948 land acquisitions totalling 134 million hectares are located in Africa, of which 34 million hectares have been cross-referenced. This compares with 43 million hectares reported for Asia (of which 29 million hectares have been cross-referenced) and 19 million hectares in Latin America (of which 6 million hectares have been cross-referenced). The remainder (5.4 million hectares reported and 1.6 million hectares cross-referenced) are in other regions, particularly Eastern Europe and Oceania”.
“The high levels of interest in acquiring land in Africa appear to be driven by a perception that large tracts of land can be acquired from governments with little or no payment”.

Come dice il report del Rights and Resources Initiative (RRI) Turning point. What future for forest peoples and resources in the emerging world order, solo il 2% della terra in Africa è formalmente di proprietà delle comunità che ci vivono. Il restante 98% è in mano allo stato, che spesso ne fa merce da vendere in cambio di sviluppo economico:
How African governments allow farmers to be pushed off their land

Un paio di casi:
Liberia

Liberia land deals with foreign firms ‘could sow seeds of conflict’
Sime Darby, un gigante nella produzione di olio di palma e gomma, nel 2009 firma col governo una concessione di 63 anni per 220.000 ettari di terra (area a nord-ovest di Monrovia, nelle contee di Grand Cape Mount, Bomi, e Gharpolu) da sviluppare appunto in piantagioni di olio di palma e gomma. Le comunità lamentano la mancanza di consultazione, compensazioni inadeguate, distruzione dei loro territori sacri e delle loro fonti di sussistenza. Infatti, Sime Darby si è ben preoccupata di rendere impossibile lo svolgimento delle tradizionali tecniche agricole delle comunità locali, perché i fuochi derivanti da queste pratiche tradizionali (slash-and-burn) metterebero in pericolo le piantagioni di palma (Molto dettagliato è questo report: smell no taste). I reclami delle comunità locali sono passati sia attraverso canali legali (lettera di protesta alla RSPO), che attraverso scontri più diretti (Dicembre 2011: sequestro di un po’ dell’attrezzatura della compagnia).
Uno dei problemi principali che stanno dietro a questo episodio sembra essere la collisione tra “statutory tenure system” (quei diritti di proprietà sulla terra sanciti formalmente da leggi a livello nazionale) e “customary tenure system” (diritti di proprietà sulla terra derivati dall’uso tradizionale di quella terra da parte delle comunità che ci vivono). I risultati di questa collisione sono molteplici, ma nel caso di Sime Darby si possono riscontrare prevalentemente in due problemi: -Tale confusione porta ad una situazione per cui da una parte la comunità ha diritto (customary) sulla propria terra ma allo stesso tempo il governo ha il diritto di firmare qualsiasi concessione voglia (certo, per legge dovrebbe consultare le comunità, ma in una situazione di ricovero post-conflitto in cui bisogna cercare di attrarre gli investitori esteri magari si può passare sopra a questa piccola clausola). Le operazioni di Sime Darby sono risultate nell’espropriazione della terra di alcune comunità, nonostante Sime Darby abbia affermato che:

“has not evicted legal land owners nor relocated legal residents and neither has it desecrated cemeteries or sacred sites [Sime Darby] ”.

Questo punto fa riflettere: cosa si intende per “legal land owner” e “legal resident”? Legale secondo quale sistema? Direi secondo lo statutory law, che è quello che sta alla base di queste concessioni.
L’estrema confusione sui diritti legati alla terra è il retaggio degli ultimi due secoli di storia in Liberia. Infatti, le origini si possono far risalire a quando arrivarono gli schiavi americani sulle coste della Liberia, nel 19esimo secolo:

“With the arrival of the settlers, a statutory system of land tenure was established for areas under their control […] settlers interacting with indigenous communities pursued alienation of land (instead of use) made possible by a mix of violent conflict and alliance-making. […] Customary law, based on usufruct rights, continued in interior areas inhabited by indigenous communities and administered as provinces by the Liberian state. The initial decades of the 20th century saw often brutal subjugation of parts of the interior, with the resulting tensions between the Americo-Liberian settlers and indigenous inhabitants still reflected in current land issues. When the provinces became counties in the mid-20th century, the customary tenure system continued, and was sanctioned as a distinct system by the state (GRC, 2007). Some aspects of the customary tenure system were supported and changed to suit the state, while other aspects were neglected or declared illegal” (Unruh 2009) (12).

Questo sistema, in cui già quindi lo statutory system e il costumary system convivono in maniera spesso violenta, confusa, arbitraria, viene ulteriormente esacerbato quando cominciarono a venir stipulate sempre più concessioni con compagnie spesso straniere. Concessioni che ovviamente si basavano sullo statutory system:

“Over time, increasing areas in rural Liberia were transferred from the customary system to the statutory tenure system by the acquisition of land deeds (through chiefs) by Americo-Liberians. Rampant land appropriation and land speculation eventually evolved into sources of acute uncertainty and conflict. By the outbreak of the civil war in 1990, the legal mechanisms for acquiring land deeds, especially in areas under customary tenure, was a seriously contentiousand volatile issue” (Ibid.).

Queste tensioni sui diritti di proprietà della terra hanno costituito uno dei detonatori della guerra civile in Liberia e sono state esacerbate dal conflitto:

“As the war raged, hundreds of thousands of rural dwellers sought refuge in Monrovia, or fled to neighbouring countries as refugees. During their often prolonged absence, others came to occupy their lands, and now feel they have established claims to these “abandoned lands” (Blore 2007) (13).

Tutto quanto detto fin’ora pesa enormemente sulla situazione presente in Liberia (è sentire comune infatti in Liberia che il prossimo conflitto sarà per la terra: “People are openly stating that ‘if we fight again, we will fight about land”).

Sierra Leone

Agricultural Investment or Land Grab in Sierra Leone?
Nel 2011, la compagnia Socfin Agricultural Company Sierra Leone Ltd. (Sofcin SL) si è accaparrata 6.500 ettari di terra agricola nel distretto di Pujehun per produrre olio di palma e gomma. In questo video alcuni membri della comunità locale parla di sgomberi forzati da parte della polizia, arresti, minacce.
Altro articolo sullo stesso caso e report dell’Oakland Institute sulle operazioni della Sofcin in Sierra Leone:
Press Release: A New Report Exposes French Tycoon’s Land Grab in Sierra Leone
Land Deal Brief: SOCFIN Land Investment in Sierra Leone

SUD AMERICA
Bolivia

Bolivia Amazon protesters resume Tipnis road march
The Bolivian TIPNIS March—In Photos
Bolivia. Il governo Morales firma un accordo (senza consultare le comunità locali) per la costruzione di un’autostrada che avrebbe dovuto passare attraverso le riserva TIPNIS, lacerando le terre ancestrali (non solo il mezzo d sussistenza delle comunità locali ma anche luoghi considerati sacri) delle comunità locali. Dopo che più di un migliaio di protestanti sono scesi in strada (15 agosto 2011: The TIPNIS March in Bolivia-video), e dopo violenti scontri con la polizia (Native protests in Bolivia violently repressed by police), il governo fa marcia indietro sull’accordo (21 Ottobre 2011).
Una cosa interessante di questo episodio è che al corteo contro l’autostrada si è poi contrapposto un altro corteo pro-autostrada, formato dai contadini delle piantagioni di coca che anche vivono in quel territorio, e che vedono nell’autostrada una possibile fonte di sviluppo. Quando Morales fece marcia indietro sull’accordo nell’ottobre 2011, sotto la pressione delle proteste delle comunità, egli firmò una legge che dichiarava quell’area “intoccabile”. Paradossalmente, i cocaleros lamentano di non essere stati consultati in quell’occasione, dichiarando la legge non valida (Bolivia’s TIPNIS Conflict Continues: Fanning the Flames of Discontent).
VIDEO:
Un’ulteriore corteo è previsto per il 20 aprile 2012: Bolivia: TIPNIS Communities Plan National March and Resistance to Government Consulta

Brasile

In Brasile la questione della terra è problematica fin da quando fu redatta la prima legge del Brasile indipendente sui diritti di proprietà della terra (Lei de terras-18 Settembre 1850), che ha posto le basi per un processo di estrema concentrazione, favorendo le economie di scala e nel contempo rendendo difficile l’accesso alla terra ai piccoli contadini che vivevano di agricoltura di sussistenza. E’ in questo contesto che nasce il Movimento dos Trabalhadores Sem Terra (MST), movimento che si pone che obiettivo quello di lottare contro quella che vede come una distribuzione ingiusta dei terreni, reclamando l’accesso alla terra per chi ne è stato spossessato.
La pagina di wikipedia fornisce qualche dettaglio storico: Landless Workers’ Movement
Come pratica di lotta, il MST fin dal 1985 coordina occupazioni di terre abbandonate e preme sul governo per concedere diritti di proprietà di quelle terre agli occupanti. Nei seguenti articoli si trova qualche esempio di azioni del MST:
Brazil’s Landless Mobilize Protest
Grupo de mulheres do MST invade fazenda na Bahia
Mulheres do MST invadem fazenda da Veracel
In questo articolo si fa riferimento a vari casi di tensione/proteste riguardanti il land grabbing in Sud America:
People’s Struggles in Latin America Extends to Natural Resources

 

NOTE:
1 Ovviamente, queste cifre riguardano gli accordi che sono stati registrati come approvati o sotto negoziazione.
2 “In most countries, the biggest driver of deforestation is pressure to convert to agriculture—whether for oil palm in Southeast Asia, cattle pastures in Latin America, or biofuels in Africa” (RRI – Report “Turning point”).
3 Anseeuw, W., L. Alden Wily, L. Cotula, and M. Taylor. 2012. “Land Rights and the Rush for Land: Findings of the Global Commercial Pressures on Land Research Project”. ILC, Rome.
4 Si veda su tutti l’illuminante articolo di Philip McMichael presentato alla conferenza internazionale sul Land Grabbing davanti ad attivisti ed accademici, su cui la
nostra analisi è in larga parte basata: http://www.future-agricultures.org/papers-and-presentations/doc_download/1285-contemporary-land-grabs-and-theiralternatives-
in-the-americas
5 http://www.fao.org/docrep/012/ak341e/ak341e00.htm
6 Sul ruolo dei mercati finanziari nell’andamento dei prezzi delle materie prime si veda l’analisi presente nel “Trade and Development Report 2011” dell’UNCTAD: http://unctad.org/en/docs/tdr2011_en.pdf
7 Si veda il numero dell’Economist dedicato alla crescita del continente Africano: http://www.economist.com/node/21541015
8http://siteresources.worldbank.org/INTARD/214574-1111138388661/22453321/Principles_Extended.pdf
9 Processo che, tra l’altro, ha portato ad un generale impoverimento dei contadini cinesi e al conseguente esodo verso le città
(accumulation by dispossession?).
10 http://chinaleftreview.org/?p=8
11 La nozione di proprietà della terra è stata separata da quella dell’utilizzo della stessa, introducendo un sistema basato sul nucleo familiare (“household responsibility
system”). I terreni rimangono di proprietà collettiva ma i diritti di utilizzo degli stessi sono contratti da singole famiglie.
12 Unruh J (2009) “Land rights in postwar Liberia: The volatile part of the peace process”,Land use policy, 26, 425-433. Per chi sia interessato all’articolo e non riesca ad accedervi, posso mandarvi il pdf.
13 Blore S (2007) Land Grabbing and Land Reform: Diamonds, Rubber and Forests in the New Liberia, Partnership Africa Canada, Association of Environmental Lawyers of Liberia

Alcune fonti sul land grabbing:
http://www.commercialpressuresonland.org/
http://www.landcoalition.org/cpl/CPL-synthesis-report
http://www.rightsandresources.org/
http://www.future-agricultures.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=1547&Itemid=978
Qui si possono trovare un sacco di papers che sono stati presentati alla Conferenza Internazionale sul Land Grabbing Globale nell’aprile 2011.
http://farmlandgrab.org/

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